Franco
Monari
E poi
verrà la nebbia
(photography, 2015-2016)
2017 Finalista “stART/Call for Art”
2016 Finalista “Streamers”
Open Call
2016 Vincitore “Confini
14”
Le fotografie
di “E poi verrà la nebbia” nascono da
una mia
esigenza di ritagliarmi dei momenti nei quali uscire ed in solitudine
esplorare il paesaggio per qualche ora. Senza un itinerario programmato
e neppure una meta precisa, ma con la sola esigenza di isolamento e di
fotografare, torno sempre negli stessi luoghi più e
più
volte instaurando ormai con essi un legame particolare, un microcosmo
personale. Il paesaggio esplorato è quello del mio
quotidiano:
una parte di pianura padana che si estende dalle campagne della
“bassa” modenese fino alla riva destra del fiume
Po. Per
distinguere le diverse aree del paesaggio, ho adottato un effetto
cromatico differente per ciascuna area: per la campagna ho usato un
filtro giallo e, man mano che ci si avvicina al fiume, le foto virano
verso una dominante rossa ed infine verde. Le fotografie, stampate su
tela, vengono successivamente da me ritoccate a mano con colori a
smalto e spray, rendendo così ogni stampa un esemplare unico
ed
irripetibile.
This series
of photographs is
born from Monari's need to grant him some moments in which get out and
explore the landscape in solitude for a few hours. Without a planned
route nor a clear destination, but with the only need for isolation and
taking pictures, Monari always returns to the same places over and over
again by establishing a special relationship with them like a personal
microcosm. The explored landscape is where the artist was born, grew up
and in which he lives: a part of Padan Plain’s that extends
from
the countryside of "la bassa" (low plain) to the right banks of the
River Po. In order to describe the different areas of land apart,
Monari has adopted a distinctive look for each one: in the countryside
he used a yellow sunset filters and so closer he get to the river, much
the photos turn to a red and green color dominant. The photographs,
printed on canvas, are then hand-painted by Monari with spray and
enamel colors making each print a unique and unrepeatable exemplary.
❒ Intervista a cura di Serena
Trinchero
1
– Quale è per te il valore del paesaggio in
particolare in relazione alla serie “E poi verrà
la nebbia”? Potresti descrivere la tua modalità di
esplorazione dei luoghi che sono i soggetti delle tue immagini?
Credo che la fotografia sia un ottimo strumento di osservazione del
paesaggio e confrontarmi con esso mi porta a confrontarmi con me
stesso. Nel caso specifico di E poi verrà la nebbia, il mio
approccio non è quello dell’indagine paesaggistica
o architettonica, bensì quello di una personale
introspezione: esploro i luoghi da solo, senza programmare nulla,
né la meta, né gli orari. Quando ne sento
l’esigenza mi congedo da casa, metto in moto
l’automobile e decido i primi chilometri; poi lascio che sia
la strada a scegliere per me. Il territorio in questione è
un’area che comprende la bassa modenese a partire da Carpi, e
che si estende a nord-est fino ai confini con la provincia ferrarese, a
nord e a nord-ovest fino agli argini mantovani e reggiani del fiume Po.
Diciamo una trentina di chilometri in ogni direzione.
Quest’area racchiude i luoghi dove sono nato e cresciuto,
dove vivo e dove lavoro. Ho iniziato a esplorare questi territori ormai
una decina di anni fa e questo mi ha portato a conoscere degli angoli
nascosti, alcuni più interessanti di altri, e a creare una
mia personale mappa di luoghi, di intimi microcosmi, dove tornare e
ritornare più volte in momenti differenti. Penso, anzi, sono
sicuro, che questo abbia creato un legame molto forte tra me ed il
territorio.
2
– Il soggetto delle tue immagini è un luogo,
l’Emilia, che ha una “storia fotografica”
molto nutrita e complessa. Vaccari, Ghirri, Barbieri, sono
esempi che costituiscono uno stimolo per la tua ricerca?
Inutile dire che quando ho iniziato ad osservare e a fotografare il
paesaggio mi sono avvicinato molto agli autori che hai citato,
soprattutto Luigi Ghirri. Li ho studiati con attenzione come si studia
un maestro, a prescindere dal fatto che abbiano scattato o meno in
luoghi a me conosciuti. Oggi, però, cerco di allontanarmi
dalle loro fotografie per trovare un mio modo di guardare. Il paesaggio
è più o meno sempre quello, certo, ma tra me e
loro c’è una generazione e naturalmente sono
cambiate alcune cose, come l’avvento del digitale e di
Internet. Lo stimolo è quello di riuscire a non imitarli,
piuttosto provare a superarli e a proporre una visione diversa e
contestualizzata all’epoca attuale.
3
– In una precedente intervista hai sottolineato come tu sia
rimasto favorevolmente colpito dal fatto che questi luoghi siano
rimasti sostanzialmente uguali a sé stessi. Leggi questa
immutabilità come una propensione alla salvaguardia del
paesaggio?
Questi luoghi sono campagne, le golene, gli argini del Secchia,
del Panaro e del Po; sono principalmente destinati
all’agricoltura, non ci sono molte fabbriche, ed i piccoli
paesi che si incontrano sono ormai abitati solo da anziani. Vien da
sé che sono luoghi dove il tempo trascorre in maniera
differente e che sono rimasti sostanzialmente immutati per molti anni.
Grossi cambiamenti si sono iniziati a vedere adesso in seguito alle
calamità naturali che ha subito la bassa modenese: i
terremoti del 2012 e le recenti alluvioni hanno modificato molto il
paesaggio, così come l’attuale azione di
ricostruzione che ha portato una ventata di nuovi edifici in un
contesto che era rimasto per molti anni abbastanza immobile.
4
– Sia le serie fotografiche dedicate ai luoghi industriali
abbandonati, che il progetto “E poi verrà la
nebbia” hanno a che fare con il tempo. Eppure mi pare che in
questa nuova opera si possa parlare di un tempo nuovo, narrativo e
ciclico, piuttosto che di quello della storia.
Si, è vero. Il tempo è per me un argomento molto
importante. Sono una persona nostalgica, penso spesso al mio passato,
alle persone, ai ricordi e ai luoghi che mi sono rimasti impressi.
L’esplorazione di fabbriche e ospedali abbandonati, che ho
fatto per molti anni, non è solo un progetto fotografico:
è prima di tutto voglia di silenzio e isolamento, oltre alla
curiosità di indagare un passato storico e fissarne la sua
memoria. Mentre esplori questi luoghi il tempo si dilata: vivi quasi
un’altra vita, hai la parvenza di aver viaggiato indietro nel
tempo. In E poi verrà la nebbia, invece, il tempo
è sempre dilatato; non raggiungo mai una meta, è
un viaggio senza una destinazione definita.
Firenze, sett. 2017
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Installation view:
"CONFINI14"
Polifemo Fotografia - La fabbrica del Vapore (Milano, 2016)
Inkjet print on canvas stretched on wood panel and
hand-overpainted with enamel colours, 50 x 33 cm, unique (2016)

Installation view:
"CONFINI14"
Galleria VisionQuest (Genova, 2017)
Inkjet print on canvas stretched on wood panel and
hand-overpainted with enamel colours, 50 x 33 cm, unique (2016)
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